Food Volley, alla scoperta della cucina lombarda con Fabrizio Gironi

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Quarta puntata con la rubrica social Food Volley: il classe 2000 Gironi ci presenta alcuni piatti della cucina lombarda. 

MILANO –  Come ogni lunedì non poteva mancare l’appuntamento con Food Volley, la rubrica social che unisce cibo e pallavolo sui canali social dell’Allianz Powervolley. Il classe 2000 Fabrizio Gironi, schiacciatore dell’Allianz Powervolley Milano, ci porta all’interno delle tradizioni di alcuni piatti della cucina lombarda.

“Il risotto con gli ossibuchi è un piatto tipico invece che mangio a casa sempre la domenica con i miei e che cucina mia mamma. La casseoula è un piatto tipico contadino che preparava mia nonna in cascina. Ci trovavamo con tutta la famiglia la domenica tra novembre e dicembre perché le verze devono fare la “gelata” (trucco contadino)”.

Gironi, nato a Vimercate, è il classico ragazzo giovane lombarda con la pallavolo nel sangue. Cresciuto con il Volley Segrate, in cui ha fatto tutta la trafila giovanile dall’Under 12, Giorni ha giocato con la Serie B, l’Under 18 (vittoria tricolore) e l’Under 20 (bronzo nazionale) di Segrate, fino a conquistarsi sul campo la promozione in prima squadra. Con Powervolley Milano è alla sua seconda stagione: lo scorso anno l’esordio assoluto in Superlega a Padova, quest’anno invece presenze da titolare con la maglia meneghina.

Risotto alla milanese. Le origini del risotto alla milanese risalgono al Medioevo e sono collegate a un’analoga ricetta della cucina araba e della cucina ebraica. Nel Medioevo, in Italia, questa pietanza era conosciuta come riso col zafran. Il risotto alla milanese nacque nel 1574 alla tavola del vetraio belga Valerio di Fiandra, che all’epoca risiedeva a Milano poiché stava lavorando alle vetrate del Duomo di Milano. Per il matrimonio di sua figlia i suoi colleghi vetrai fecero aggiungere a un risotto bianco al burro dello zafferano: questa spezia era infatti utilizzata dai vetrai per ottenere una particolare colorazione gialla dei vetri. Il nuovo piatto ebbe subito successo, sia per il suo sapore che per la sua tonalità gialla, che ricordava l’oro, sinonimo di ricchezza. Lo zafferano ha anche riconosciute proprietà farmacologiche e quindi il risotto giallo si diffuse presto nelle osterie e nelle taverne milanesi. Il risotto alla milanese scomparì subito dalle cronache per ricomparire sui documenti nel 1809, quando viene definito “riso giallo in padella”. In seguito, nel 1829, su un altro libro di ricette, la celebre pietanza meneghina viene definita “risotto alla milanese giallo”, prendendo la denominazione con cui è universalmente conosciuta ancora.

Ingredienti: 280 g di riso per risotti tipo Vialone nano, 4 ossibuchi di vitello, 2 cipolle bianche, 1 carota, 1 gambo di sedano, 90 g di burro, 30 g di midollo di bue,250 ml di vino bianco, 1,5 litri di brodo di carne, 2 bustine di zafferano, 50 g di grana padano grattugiato, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 cucchiaio di olio di oliva, la scorza di 1 limone non trattato, 50 g di prezzemolo fresco, 1 spicchio di aglio, 100 ml di acqua calda, farina q.b, sale q.b., pepe q.b.

Preparazione: Incidere con un coltello la pellicina che ricopre la parte esterna di 4 ossibuchi, per evitare che si arriccino durante la cottura. Tritare finemente 1 cipolla e, a parte, 1 carota e 1 gambo di sedano. In un tegame largo fondere 40 g di burro assieme a 1 cucchiaio di olio di oliva. Infarinare gli ossibuchi e, quando il burro inizia a sfrigolare, metterli nel tegame, facendoli rosolare a fuoco vivo finché non si colorano leggermente. Poi girarli e farli colorare anche dall’altra parte. Una volta dorati, toglierli dal tegame e mettere la cipolla tritata, abbassando la fiamma per farla appassire per bene. Quando comincia a prendere colore, rimettere gli ossibuchi nel tegame e aggiustare di sale e pepe. Cuocere per 5 minuti, sfumando con 125 ml di vino bianco e distribuendo fra gli ossibuchi il trito di sedano e carota. Aggiungere 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro (diluito in 100 ml di acqua calda) e 200 ml di brodo. Coprire il tegame e far cuocere per un’ora abbondante, girando gli ossibuchi un paio di volte e aggiungendo un po’ di brodo di carne di tanto in tanto, quando che il sugo si restringe troppo. La carne sarà cotta quando tenderà a staccarsi dall’osso.

Mezz’ora prima della fine della cottura, cominciare a preparare il riso: tritare molto finemente 1 cipolla. Sminuzzare 30 g di midollo di bue e soffriggerlo in un tegame con i bordi alti, assieme a 25 g di burro, con la fiamma al minimo. Quando il midollo è fuso, aggiungere la cipolla tritata, un pizzico di sale e far appassire per una decina di minuti, cuocendola senza che prenda colore. Aggiungere 280 g di riso, alzare la fiamma e, mescolando con un cucchiaio di legno, tostare per qualche minuto. A questo punto sfumare con 125 ml di vino bianco, continuando a mescolare. Aggiungere 200 ml di brodo di carne e proseguire la cottura per 15-20 minuti (a seconda del riso), aggiungendo del brodo ogni volta che si asciuga troppo. Più o meno a metà cottura, unire 2 bustine di zafferano diluito in un po’ di brodo. Poco prima del termine della cottura, quando il riso è ancora fluido, spegnere la fiamma, aggiunger altri 25 g di burro, 50 g di grana padano grattugiato e mescolare bene per mantecare. Poi coprire e lasciar riposare per un paio di minuti. Servire gli ossibuchi ben caldi, accompagnandoli con il risotto giallo.

La Cassoeula. Del maiale non si butta via niente, anzi ci si fa la Cassoeula. Questo piatto tipico lombardo di origine contadina ha come ingredienti principali proprio gli scarti della lavorazione del maiale. C’è un po’ di confusione sull’origine del nome di questo piatto tradizionale. Probabilmente deriva dagli utensili da cucina con il quale veniva preparato. Alcuni credono che Cassoeula derivi da “cassoeu”, mestolo in dialetto milanese, per altri il merito del nome sarebbe da ascrivere alla casseruola, ossia il tegame in cui veniva cotta la verza e il maiale. Secondo un’altra tradizione, più moderna rispetto alle altre, Cassoeula deriverebbe da “cazzuola“, lo strumento tipico dei muratori per spalmare la malta tra i mattoni. Questa versione vuole che gli operai, una volta che la costruzione dell’edificio fosse giunta al tetto, utilizzassero la cazzuola, in mancanza di un vero e proprio mestolo, per mescolare il preparato durante la cottura. Un altro nome con cui è conosciuta la Cassoeula è “Bottaggio”. Il termine deriverebbe da “botte” o più probabilmente dal francese “potage”, minestra. La Cassoeula così come viene preparata oggi nasce all’inizio del XX secolo ma le ricette più antiche hanno origine incerta e piuttosto controversa. La leggenda più diffusa si lega alla dominazione spagnola di Milano di fine Cinquecento. Secondo questa tradizione popolare, il piatto sarebbe nato grazie ad un soldato spagnolo che si era perdutamente innamorato di una giovane milanese. Un giorno la ragazza, che era la cuoca di una famiglia nobile, aveva ricevuto l’incarico di preparare una cena per una grande occasione ma la dispensa era vuota. Così il soldato corse in aiuto della giovane donna insegnandole a fare proprio la Cassoeula con i pochi ingredienti a disposizione. Il piatto riscosse talmente tanto successo che la cuoca decise di cedere alla corte del giovane ufficiale. Tradizionalmente, però, la Cassouela è legata a una particolare ricorrenza religiosa: la festa di sant’Antonio abate. Il fondatore del monachesimo cristiano è considerato il protettore degli animali domestici. Nell’iconografia spesso viene raffigurato con accanto un maiale che ha al collo una campanella. La ricorrenza cade il 17 gennaio, giorno in cui la Chiesa benedice gli animali ponendoli direttamente sotto la protezione del santo. La data, anticamente, segnava la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. Per questa ragione, la Cassoeula era e viene ancora tutt’oggi considerata “il piatto della festa di Sant’Antonio”.

Ingredienti: 4 Kg 3 verze, 1 Kg 2 piedini di maiale, 1 Kg musetto di maiale, 1 Kg costine di maiale, 1 Kg salsicce di maiale, 700 g cotenne di maiale, 350 g Riesling dell’Oltrepò pavese, 250 g passata di pomodoro, 2 cipolle, 2 carote, 2 gambi di sedano, rosmarino, salvia, burro brodo di carne, sale.

Preparazione: Tagliare a quadretti di 4 cm le cotenne e scottatele per 3’ in acqua bollente. Scottare anche i piedini e il musetto, interi, per circa 10’, e le salsicce per 2’. Questa operazione con i tagli più grassi del maiale serve a sciogliere un pochino il grasso in eccesso. La preparazione tradizionale prevede la cottura con le verze. Questi ortaggi, però, prima di essere bolliti nel tegame con il maiale devono subire il primo gelo invernale, che ne accorcia i tempi di cottura e li rende più teneri. Mondare le verze, eliminando solo le coste più dure e tagliando le foglie a pezzetti grossolani. Tagliare a dadini sedano, carote e cipolle e rosolateli in una capiente casseruola con una noce di burro. Aggiungere le costine, poi il musetto a pezzi e i piedini; rosolateli per 5’, profumate con un mazzetto aromatico di salvia e rosmarino e bagnate con il Riesling. Far evaporare il vino, poi aggiungere la passata di pomodoro e 2 mestoli di brodo caldo; coprire con il coperchio e cuocere per circa 1 ora e 30’. Aggiungere la verza, le salsicce e le cotenne; regolare di sale e cuocete ancora per 45-50’.

 

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